KARACHI - Si è ulteriormente aggravato il bilancio dell'attentato avvenuto ieri in Pakistan in occasione del rientro in patria dell'ex primo ministro Benazir Bhutto dopo otto anni di esilio volontario. Le vittime, secondo l'ultima stima che arriva da Karachi, sono 139, molte delle quali agenti di polizia, mentre i feriti sono oltre 550. Confermata invece la notizia che il bersaglio dei terroristi, la signora Bhutto, è rimasta illesa. In queste ore anche la dinamica dell'attacco è stata ricostruita con maggiore precisione. Una prima granata è stata lanciata contro la folla e un kamikaze si è fatto esplodere a pochi metri dal veicolo blindato a bordo del quale la Bhutto stava recandosi, con centinaia di migliaia di sostenitori, dall'aeroporto internazionale della città al mausoleo del padre della patria Muhammed Ali Jinnah. Lì l'ex premier avrebbe dovuto tenere il suo primo discorso dal rientro in Pakistan. "Sembrava di camminare per un mattatoio, i cadaveri giacevano al suolo intatti, ma altri erano completamente smembrati", hanno raccontato alcuni giornalisti presenti sul posto. La Bhutto, 54 anni, è stata portata "sana e salva" nella residenza di famiglia a Bilawal sul lungomare a Karachi. Secondo il capo della polizia cittadina, Azhar Faruqi, si è trattato di un'operazione "preparata con molta cura e realizzata da un esperto". Un collaboratore dell'ex premier che si trovava insieme a lei a bordo del camion, Rehman Malik, ha raccontato che la deflagrazione è avvenuta mentre la Bhutto stava riposando all'interno dell'abitacolo, sormontato da una piattaforma mobile per permetterle di sporgersi a ricevere l'omaggio dei sostenitori.
L'attentato è stato condannato da vari Paesi e dalle Nazioni Unite. La Bhutto ha chiesto la destituzione del capo dei servizi segreti pachistani. L'attacco suicida, finora senza rivendicazioni, è stato condannato dal presidente pachistano Pervez Musharraf, come un "complotto contro la democrazia". Il generale, al potere da otto anni con un colpo di Stato militare incruento, ha concordato con la Bhutto un patto di spartizione del potere, voluto da Washington, che dovrebbe portare il Paese verso la transizione democratica. In un'intervista televisiva da Dubai, il marito della Bhutto ha accusato una parte dei servizi segreti pachistani di aver perpetrato la strage. "Noi - ha detto - accusiamo un'agenzia dei servizi ed esigiamo un'azione nei suoi confronti. Questo attentato non è stato fatto da combattenti islamici, ma da questa agenzia di spionaggio", ha affermato Asif Ali Zardari alla rete televisiva Ary One. (La Repubblica, 19 ottobre 2007)
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